Marco Maria Di Tillo
Fotografo
La vita è un sogno normale, speso in una bella giornata di sole.
Non come questa roba che viviamo come un veloce batter d’occhi lungo la strada.
Come quegli angeli innocenti che casualmente incontriamo e di cui manteniamo una memoria potente.
Quando ci alziamo assonnati, quando mangiamo di fretta, oppure pensiamo ad un ricordo che si illumina solo per noi.
Quando preghiamo, sospiriamo, ricordiamo, o semplicemente amiamo.
Quando siamo brontoloni e burberi come Marco Maria, anzi il ‘’fotografo del lago’’, che si siede, -solo con la mente però, - su una panchina lungo questo lago antico, primordiale ombellico d’Italia, dove riesce con alchimie colorate e tatuaggi , usciti dalla fantasia surreale di Dali’ , a trasformare quell’immagine inerte in una bella giornata, quella meravigliosa invenzione che culmina in un tramonto od in una alba luccicante per sempre, in quello che è stato il lago di Annibale.
Perchè chi l’ha detto che il paradiso non può non trasformarsi in un inferno?
D'altronde i diavoli sono solo angeli che non ce l’hanno fatta.
Si come quella malattia maledetta che lascia dolore a chi rimane solingo, ma anche l’eredità dei ricordi più belli vissuti insieme ad un sorriso che ritorna sempre su quando il giorno si fa sera.
Come una battaglia cattiva che prelude alla vittoria dell’alba che verrà.
E non importa se poi la nostra vittoria sarà accanto al sole ed al cielo. Lontana da qui. O nel ricordo profumato di un fratello o nel sorriso di un amico.
Guardando il lago, quel ricordo e quel sorriso rimangono per sempre.
E’ la nostra vittoria, che trasforma la nostra vita, in una bella giornata.
Marco ha iniziato fotografando per caso.
Arrampicandosi sulle nuvole, camminando di nascosto, come Gambadilegno, ereticamente sospeso, sopra le acque di Torricella.
Ha conosciuto il dolore di suo fratello. E il suo dolore personale.
E’ andato all’inferno per poi salire in punta di piedi, zoppicando sino al paradiso.
Curando il dolore dell’anima e del corpo con i lunghi soliloqui silenziosi dentro di sè, borbottando malinconico tra se stesso e la calmissima acqua del lago.
Fotografandolo, nei momenti rubicondi della solitudine pacioccosa, alla ricerca del bello che esiste anche perduto, scontrandosi contro l’ira funesta di Annibale, il grande orbo che spavento’ Roma, ma non Marco.
Dolore e Gioia.
L’eternità normale di un lago a metà strada tra Firenze a Roma.
L’inferno di Dante ed il paradiso della Città Eterna.
Una foto che serve per non dimenticare il dolore, ma invece per placarlo, come un offerta alla vita passata insieme ed ai suoi sorrisi condivisi, di ieri e di quelli di domani.
Una voce lontana, oggi, domani, o forse tra cento anni, guardandole capirà, e sembrerà voler spiegare ritornando dalle acque, come per dirti che ti aspetterà nell’isola di mezzo, quando senza piu’ malanni o sospiri ci rivedremo, ma con un eternità di cosa da dirci.